A quasi cinque anni dall’ultima call rivolta al settore privato profit, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo torna a puntare sulle imprese con un’iniziativa profondamente rinnovata. Si tratta del “Bando Profit 4.0 – Misura Imprese Impatto”, uno strumento che intende rafforzare il contributo del tessuto imprenditoriale italiano alla cooperazione internazionale, superando le criticità dei bandi precedenti e sperimentando modalità innovative di collaborazione pubblico–privato.
Dal flop dei primi bandi a una nuova impostazione
Le tre edizioni passate del “bando profit” avevano evidenziato limiti strutturali: scarso interesse da parte delle aziende, risorse non utilizzate e difficoltà a conciliare finalità sociali con logiche di business. L’Agenzia ha quindi scelto di ripensare lo strumento, avviando un percorso con AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) che ha portato alla scelta dell’appalto pubblico pre-commerciale (PCP), una formula già sperimentata a livello europeo ma quasi inedita per il nostro ordinamento.
Cos’è il PCP e perché è innovativo
Il PCP è un modello ibrido tra procurement pubblico e venture capital: la pubblica amministrazione investe in progetti ancora in fase di ricerca e sviluppo, assumendosi parte del rischio tipico degli investimenti privati. Questo consente di stimolare soluzioni innovative, sostenibili e inclusive prima della loro piena maturità commerciale.
Applicato alla cooperazione, significa dare spazio a imprese capaci di proporre modelli di business che abbiano un impatto positivo nei paesi partner, con un focus particolare su Africa e aree strategiche del Piano Mattei, ma senza escludere altri paesi prioritari della cooperazione italiana.
Il quadro politico e strategico
Il lancio del Bando Profit 4.0 risponde a diverse esigenze:
- allineare la cooperazione italiana con le pratiche europee di innovation procurement;
- favorire il ruolo delle imprese nello sviluppo sostenibile, come già avviene in altri sistemi di aiuto;
- integrare la dimensione digitale e tecnologica, anche grazie alla sinergia con Smarter Italy, programma nazionale che utilizza la domanda pubblica come motore di innovazione.
Dotazione e fasi del programma
La misura è sostenuta da una dotazione finanziaria di 49,5 milioni di euro, cifra significativa che dimostra l’ambizione del progetto. Il bando sarà articolato in più fasi (fino a tre), per consentire una valutazione progressiva dei progetti e selezionare solo le iniziative con il maggiore potenziale. La prima consultazione di mercato è prevista per il 18 settembre 2025.
Le proposte dovranno rispettare il framework ISI, che traduce in termini operativi i principi dell’Agenda 2030:
- Innovazione: soluzioni tecnologiche e organizzative originali;
- Sostenibilità: attenzione agli impatti ambientali e sociali di lungo periodo;
- Inclusione: benefici concreti per le comunità locali, in particolare gruppi vulnerabili e marginalizzati.
Un ecosistema collaborativo oltre il profit
Un aspetto interessante del bando è la previsione di partnership ampie, che includano società civile, università e centri di ricerca. Questo approccio intende superare la tradizionale separazione tra mondo profit e non profit nella cooperazione, costruendo un ecosistema ibrido in cui il settore privato possa contribuire senza snaturare le finalità sociali degli interventi.
Il Bando Profit 4.0 può rappresentare un punto di svolta per il coinvolgimento delle imprese italiane nella cooperazione allo sviluppo. Tuttavia, restano alcune sfide:
- garantire che le logiche di mercato non prevalgano sugli obiettivi sociali;
- gestire la complessità di partenariati multi-attore;
- assicurare trasparenza e rigore nel monitoraggio dei risultati.
Se implementato con efficacia, lo strumento potrà non solo stimolare soluzioni innovative nei paesi partner, ma anche rafforzare la competitività del sistema produttivo italiano, generando tecnologie e competenze esportabili in altri mercati.
Il nuovo “Bando Profit 4.0” segna una scommessa importante della cooperazione italiana: quella di affidarsi al dinamismo delle imprese per affrontare sfide globali come disuguaglianze, cambiamenti climatici e transizione digitale. Non sarà un percorso semplice, ma la posta in gioco è alta. Se il modello avrà successo, potrebbe diventare un riferimento anche per altre amministrazioni pubbliche, contribuendo a ridefinire il rapporto tra pubblico e privato nella cooperazione internazionale.
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(Fonte: InfoCooperazione)

